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Riccardo Zappone come George Floyd. Un ginocchio sulla schiena durante l’arresto

 

FONTE: il manifesto

 

In un video l’intervento della polizia: tre agenti per ammanettare il 30enne già a terra. I sedici secondi del filmato depositati agli atti della procura di Pescara. Un nuovo perito per ulteriori accertamenti sui risultati dell’autopsia

 

Il filmato dura sedici secondi. Dalla distanza di qualche decina di metri, con lo zoom, si vede Riccardo Zappone steso per terra, circondato da tre agenti – di cui uno in borghese – che cercano di ammanettarlo. Uno, in divisa, gli preme un ginocchio sulla schiena. Il giovane ha 29 anni. Cerca di dimenarsi, geme, si lamenta.
SIAMO lungo la Strada comunale Piana di Pescara, è la mattina di martedì 3 giugno. Zappone è reduce da un pestaggio subito davanti a un’officina poco distante. Qualche decina di minuti dopo il suo arresto, effettuato anche con l’aiuto di due colpi di taser per «vincerne la resistenza», in questura si sentirà male. L’ambulanza, nel giro di non molto, lo porterà in ospedale, dove i medici non potranno fare altro che constatarne il decesso. Al momento, nel fascicolo aperto dal sostituto procuratore Gennaro Varone ci sono tre indagati: i fratelli Angelo e Paolo De Luca e Daniele Giorgini. Sono i tre che avrebbero picchiato Zappone con calci, pugni e bastonate. Solo dopo sarebbe arrivata la polizia – chiamata da più persone, tra le quali anche uno degli indagati – e, trovando il 29enne in stato di agitazione, avrebbe deciso di arrestarlo per resistenza a pubblico ufficiale. Il video in cui si vedono alcune fasi dell’arresto – depositato agli atti dagli avvocati di Angelo De Luca, Marco D’Apote e Salvatore Acerbo – non è l’unico a disposizione degli investigatori: di certo ci sono anche le immagini delle telecamere pubbliche – che avrebbero ripreso la rissa davanti all’officina – e forse anche un altro filmato di un altro testimone. Tutto materiale che è stato affidato al consulente informatico Davide Ortolano.

C’È ANCHE l’autopsia, svolta in maniera sorprendentemente rapida appena due giorni dopo i fatti. La conclusione del medico legale Cristian D’Ovidio è che la morte di Zappone non sia arrivata come conseguenza dell’uso del taser ma per «un trauma toracico chiuso, dal quale derivava una sommersione interna emorragica». L’ipotesi investigativa, su questo, è che il trauma sia stato causato dalle lesioni subite durante il pestaggio che ha preceduto l’intervento della polizia. La procura, però, ha deciso che, anche da un punto di vista medico, la questione non si può chiudere così e ha provveduto a nominare un nuovo perito che esaminerà i risultati dell’esame autoptico anche alla presenza dei consulenti di parte, sin qui mai coinvolti negli accertamenti. La nomina avverrà il 18 giugno. Non si può escludere, a questo punto, che gli avvocati difensori degli indagati decidano di chiedere la riesumazione del corpo della vittima per svolgere nuovi esami.

I DUBBI degli inquirenti, a quanto si apprende, non riguarderebbero solo le modalità d’intervento dei poliziotti, ma anche le tempistiche con cui è stata chiamata l’ambulanza. Dopo essere stato pestato, infatti, il 29enne aveva riportato diverse lesioni, tra cui una ferita sanguinante alla testa. Quindi non bisogna chiedersi soltanto perché sia stato colpito con il taser in quelle condizioni, ma anche perché non sia stato immediatamente allertato il 118. Era allora possibile salvarlo? Difficile da dire, almeno per il momento. Così come non si può dire se il ginocchio messo dall’agente sulla sua schiena possa essere annoverato o meno tra le possibili cause del trauma toracico.

DI CERTO l’indagine non è affatto alle sue battute conclusive e la ricostruzione di quanto avvenuto la mattina del 3 giugno è ancora incompleta. Non si sa ancora bene, per esempio, il motivo per cui è scoppiata la rissa. Secondo il pm Varone l’aggressione non è «compatibile con il risentimento per una qualche attività molesta allo Zappone imputabile» ma più probabilmente sarebbe frutto «di un conflitto dovuto a pregresso rapporto personale». Che tipo di rapporto? Ancora Varone ipotizza l’esistenza di «fatti di droga, considerando che risulta avere lo Zappone, positivo alla cocaina, prelevato nelle prime ore del 3 giugno duecento euro e che è stato trovato in possesso soltanto di trenta».

ZAPPONE, da diversi anni, era paziente sia del Centro di salute mentale di Chieti – dove una volta al mese si sottoponeva a una cura per gli attacchi psicotici – sia del Servizio per le dipendenze. Chi lo conosceva parla di lui come di un ragazzo problematico ma non aggressivo, al punto che diverse volte aveva accettato di propria spontanea volontà di sottoporsi a trattamento sanitario obbligatorio. Da qui le domande di suo padre, Andrea Zappone, noto maestro di musica della zona: «Che motivo c’era di arrestarlo se le forze dell’ordine lo conoscevano bene e sapevano chi fosse e che tipo di patologia avesse? Non era opportuno che fosse chiamato il 118 e ordinato il ricovero in trattamento sanitario obbligatorio come era stato fatto le altre volte? Era davvero necessario utilizzare quella pistola elettrica?». Parole dette al quotidiano pescarese il Centro il giorno stesso della morte di suo figlio. Le risposte ancora non ci sono.

 

Mario Di Vito