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Stadi, la fine del romanticismo

 

Welt: con l'ascesa degli sponsor torna la nostalgia del passato.

 

Tratto da asromaultras.org

 

Prima era tutta un’altra cosa. La nostalgia per il tempo che fu, per quando eravamo giovani o bambini, è una costante del sentimento umano cui è difficile sfuggire. Vale anche nel calcio e soprattutto per i tifosi. Di fronte a uno sport sempre più legato alla forza degli sponsor e all’invasione della televisione, il rimpianto per quando le magliette della propria squadra mostravano solo i colori sociali è un rifugio irresistibile.
In Germania, dove l’avvento di Sky è roba recente, l’intervento delle imprese che assicurano alle squadre le condizioni finanziarie per gareggiare nelle diverse competizioni ha da tempo coinvolto anche altre strutture.
Gli stadi, per esempio, e non sempre con effetti negativi. Come scrive la Welt, «i tifosi si lamentano del calcio moderno, ma poi sopportano e nel fine settimana riempiono lo stesso gli stadi, diventati negli ultimi tempi sempre più confortevoli e comodi».
Il prezzo da pagare, però, dal loro punto di vista è molto alto. Perché se un tempo le arene erano scomode, prive di sediolini, senza le coperture che riparano da pioggia, neve e freddo, avevano almeno nomi romantici che rafforzavano le identità locali: ex borgomastri, fiumi o laghi della zona, eventi sportivi.

Da Monaco a Francoforte, l'ascesa delle aziende
Lo stadio di Monaco.
Adesso, invece, è il trionfo delle aziende. Il caso più noto è quello dello splendido stadio di Monaco, una sorta di astronave spaziale visibile a chilometri di distanza che si illumina di rosso o di blu, a seconda che ospiti le partite del Bayern o del München 1861: si chiama Allianz Arena, dal nome sociale della grande compagnia di assicurazioni che ne ha finanziato la costruzione. Bello, moderno, comodissimo, con una visibilità perfetta ma con uno charme da agente di polizze assicurative.
A Bochum, nel quadrilatero della Ruhr dove il pallone è una religione, i tifosi hanno deciso di passare il sabato pomeriggio (il giorno generalmente dedicato al calcio in Germania, anche se il famoso spezzatino televisivo ha spalmato anche qui su quattro giorni l’interminabile week-end dei campionati) protestando nelle strade e disertando l’impianto sportivo, il Rewirpower-Stadion, il cui nome esalta le avventure commerciali dell’omonima azienda elettrica.
E a Francoforte, i supporter dell’Eintracht hanno già raccolto più di 5 mila firme per cambiare nome alla loro dimora calcistica oggi intitolata all’Easy-Credit.

L'ingresso degli sponsor e i nomi imbarazzanti
C’è un po’ di ingenerosità in queste battaglie. La Germania, grazie soprattutto al fatto che l’impegno degli sponsor non si ferma al finanziamento del team, ha stadi fra i più moderni e accoglienti d’Europa, dotati di grandi confort e di moderne misure di sicurezza che limitano lo spettacolo sgradevole della massiccia presenza di poliziotti all’interno.
Tuttavia, concede la Welt, questa tendenza a intitolare gli stadi alle ragioni sociali delle aziende sta facendo crescere il malessere. Su internet circola da qualche tempo la lista degli stadi con i nomi più imbarazzanti.
Il primo posto se lo è guadagnato la Trolli-Arena di Fürth, nido calcistico della squadra locale che milita in seconda Bundesliga: un piccolo stadio di 15 mila posti rinnovato nel corso degli ultimi 20 anni per accompagnare la rinascita della squadra, un tempo di grandi tradizioni con tre titoli nazionali vinti agli inizi del secolo scorso, poi caduta in declino negli anni Ottanta.
Da luglio del 2010, l’arena è stata intestata al prodotto di punta della Mederer Süßwarenvertriebs GmbH, la seconda azienda di dolciumi tedesca dopo la più famosa Haribo: una caramella gommosa al sapore di frutta.

Rudolf Harbig, la fine della leggenda
Il Rudolf-Harbig-Stadion di Dresda.
Se Trolli fa sorridere, la vicenda che in questi giorni agita i sonni dei tifosi della Dynamo Dresda, vecchia gloria della Ddr sprofondata negli ultimi tempi in lega regionale, è grottesca.
Il vecchio Rudolf-Harbig-Stadion, interamente rinnovato solo un anno fa con una spesa di 46 milioni di euro e portato a standard europei che attendono solo una squadra a livello delle sue gloriose tradizioni, cambierà nome.
Rudolf Harbig racconta un pezzo di leggenda sportiva di Dresda: fu uno dei maggiori atleti tedeschi degli anni Trenta, detentore di record mondiali nei 400 e negli 800 metri, vincitore di una medaglia di bronzo in staffetta ai giochi olimpici di Berlino del 1936, che morì, come molti suoi coetanei, cadendo in guerra sul fronte orientale, in Ucraina.
Il suo nome sarà cancellato da una società fornitrice di energia bavarese, tirata in ballo per conto del Comune da un’azienda di commercializzazione sportiva, che si è appaltata il titolo dello stadio per cinque anni. Il problema? «Proprio il nome previsto e cioè Glücksgas-Stadion, lo stadio del gas felice, che richiama alla mente le camere a gas utilizzate per lo sterminio degli ebrei», conclude la Welt.

 

Pierluigi Mennitti