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Interessante intervista di Paolo Marcacci su "Il Romanista" a un tifoso disabile.

 

«Vorrei capire una cosa, tra le tante: perché i politici, molti dei quali hanno fatto il ’68 e dunque preso denunce o quantomeno segnalazioni, non debbono subire alcun controllo quando vengono allo stadio e io, che sono incensurato, debbo ogni volta subire quella che considero una restrizione dei miei diritti civili?». A chiederselo, in maniera accorata, è Giampiero Alban, 42 anni, due figli, un impiego presso un ufficio del Comune. E una sedia a rotelle. Giampiero è invalido al 100% da quando aveva tre anni, a causa di un incidente stradale. Questo non ha mai intaccato la sua passione per il calcio e, men che meno, per il calcio allo stadio, nonostante le difficoltà, le barriere architettoniche, i rischi: « La prima volta fu per la semifinale di Coppa dei Campioni del 1984, Roma-Dundee: durante un ricovero in ospedale, avevo scritto al Presidente Viola che mi sarebbe piaciuto tanto vedere la mia Roma all’Olimpico; mi arrivarono quattro biglietti di Tribuna Tevere, per me e i miei accompagnatori. Fu una gioia indescrivibile, da allora ho messo insieme tanti ricordi di
stadio e tanti aneddoti; ho imparato a cavarmela in ogni occasione: durante un Roma-Liverpool di Coppa Uefa, con la polizia che caricava e sparava lacrimogeni, penso di aver fatto toccare alla mia carrozzina velocità supersoniche e ricordo che, con tutta la carrozzina, riuscii a scantonare per nascondermi e proteggermi in mezzo alle siepi».
Oltre ad una passione, lo stadio cos’altro rappresenta per te?
Un ostacolo, un moltiplicatore delle mie difficoltà: all’Olimpico noi disabili veniamo “stipati” nella parte bassa del cosiddetto Parterre, tutti ammassati lì finché c’è spazio, con i nostri accompagnatori che quasi non riescono a vederla per niente la partita. Passami una battuta autoironica: più che in un settore della tribuna, sembra di essere a Lourdes! Ti prego di scriverla, perché è una battuta mia. Tra l’altro, secondo me è meglio con le disposizioni che ci sono a San Siro, dove pure sono stato: lì entra un numero massimo di duecento disabili, così non c’è quell’ammassamento che può risultare anche pericoloso.
Trovi giusto che l’accompagnatore debba pagare?
Guarda, in verità io su questo argomento vado controcorrente: per me dovrebbe pagare anche il disabile; purché però abbia la possibilità di scegliersi liberamente il settore dove andare e aver poi il diritto di protestare per eventuali disservizi. So che è un discorso utopico, però ti faccio un esempio: a Roma-Fiorentina, finale di Coppa Italia Primavera, volevo togliermi lo “sfizio” di entrare in Monte Mario, per una volta; ebbene, pur avendo acquistato il biglietto, quella sera mi sono imbattuto in un funzionario così pignolo che non voleva saperne di accogliere la mia richiesta; per fortuna mi è venuto
in soccorso un altro inserviente, molto più di buon senso, che è riuscito ad aiutarmi, pur giustificando il collega. In quell’occasione ho anche scoperto che un settore che sta accanto alla Tribuna Stampa è riservato ad una quota di disabili, ma solo ad invito.
Quanto sono cresciute le tue difficoltà allo stadio, da quando c’è la Tessera del Tifoso?
La tessera secondo me è una vera e propria schedatura, rivela una mentalità da Kapò, se mi passi il paragone un po’ forte. Le cose non si risolvono
schedando le persone o intimorendole, ma con il buon senso, che invece mi sembra che i nostri governanti usino solo quando coincide con il loro tornaconto. In particolare, per me che sono un disabile, oggi c’è l’obbligo di presentare un certificato pieno di “dati sensibili”, cioè di particolari veramente infinitesimali della mia condizione o della mia malattia; non è, questa, una totale invasione della privacy? Non dico che le verifiche non servano, perché ti assicuro che c’è chi è disposto a mettersi su una sedia a rotelle pur di rimediare un ingresso (sic), però in questa maniera si scoraggia
ulteriormente chi è già pregiudicato dalle barriere architettoniche e dalle difficoltà dell’accesso agli stadi. Noi, per esempio, non passiamo attraverso il tornello con la carrozzina, dobbiamo passare per un ingresso speciale che si apre orizzontalmente. Peraltro, certe norme che sono solo italiane, non vedo perché debbano valere anche per le competizioni europee. Siccome prima di Roma-Bayern Monaco a momenti mi sentivo richiedere pure il numero
dei trigliceridi e i valori del colesterolo, ho chiamato l’As Roma per chiedere conto della situazione. Hanno preso nota delle mie
istanze e sono stato richiamato dal Dott. Feliziani che è stato disponibilissimo e molto gentile; mi ha spiegato che gli stessi dirigenti che sovrintendono al settore della biglietteria si trovano in difficoltà nell’interpretare e mettere in pratica le direttive delle società, le quali a loro volta sono, sin dall’inizio, interdette circa la realizzazione pratica dei dettami della Tessera del tifoso.
Hai due figli, tifosi come te, come ti regoli con loro, che allo stadio vorrebbero sempre andarci?
Come si può schedare addirittura un bambino? E perché debbo far perdere un giorno di scuola a mio figlio perché devo portarlo ad autenticare
la sua foto? Ancora: perché mai deve circolare la foto del mio bambino, a causa di queste arbitrarie decisioni sulla sicurezza? Io mi sto risolvendo a non portarceli più, i miei figli, e questa è chiaramente una sconfitta per tutti. A chi altro vorresti far sentire le tue ragioni di disabile e di tifoso?
Ho inviato una e-mail al Ministro dell’ Interno Maroni, elencando in dettaglio i miei disagi e le mie difficoltà da quando è stata istituita la Tessera.
Certo non pretendo che a rispondermi sia lui in persona, però credo che qualcuno del suo entourage possa incaricarsi di prendere in esame le mie osservazioni; nonostante sia passato un po’ di tempo, sono ancora in attesa. Eventualmente, vi farò sapere...