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«Mio padre moriva e gli steward chiedevano i documenti»

 

Daniele Galli

 

Gli steward chiedevano i documenti per aprire i cancelli». Daniele Martinangeli, 26 anni, parla con il cuore in gola. Quello stesso cuore che sabato ha tradito sulla pista d’atletica dell’Olimpico il papà Stefano, presidente del Big Star Roma Club (affiliato all’Utr) e famoso nella costellazione del tifo giallorosso per quelle corse con il bandierone al vento sotto la Tevere. L’ultima, pochi minuti prima del fischio d’inizio di Roma-Livorno, gli è stata fatale. Stefano si è accasciato al suolo. Dopo pochi secondi gli spettatori hanno compreso la gravità della situazione, dopo dodici minuti gli sono stati prestati i primi soccorsi da una dottoressa dello staff dell’Olimpico, alla quale è stato aperto la cancellata che separa la Tevere dal terreno di gioco. Inizialmente, tra i tifosi era circolata persino la voce che gli steward non avessero le chiavi. In realtà, gli ingressi sulla pista di atletica si aprono a pressione.
Racconta Daniele: «Il soccorso è stato tempestivo, per carità. Vorrei capire, però, perché gli steward pretendessero i documenti dalla gente che batteva contro le vetrate, chiedendo di aprire la cancellata. Solo in un secondo momento hanno compreso che si trattava di una cosa seria. Non voglio accusare nessuno. Ma credo che all’Olimpico ci sia una cattiva organizzazione per le situazioni di emergenza. Mi sarei aspettato che l’ambulanza
entrasse direttamente in campo, passando dalla Monte Mario. Invece, io e i miei fratelli (Manuel, 16 anni e Luca, 33) abbiamo caricato papà sulla barella mobile e assieme ai vigili del fuoco lo abbiamo portato nel centro di soccorso sotto la Tevere. Dove però non c’erano defibrillatori. Lì gli hanno somministrato l’ossigeno e hanno continuato il massaggio cardiaco. A quel punto, lo hanno dovuto trasportare sotto la Monte Mario, da dove è partita l’ambulanza con il defibrillatore (all’Olimpico ne sono dotate sette su dieci) che lo ha portato al Gemelli». Nel momento in cui il mezzo di soccorso si è messo in moto, erano passati circa trenta minuti dall’infarto. Oggi alle 10,30, presso la cappella dell’Ospedale Gemelli, potrà essere dato l’ultimo saluto a Stefano. Ricorda Daniele: «Papà era una persona discreta. C’era sempre, ma non amava apparire. Era un romanista vecchia maniera. Noi figli gli dicevamo: “Pensi troppo gli altri e mai a te stesso”. Niente da fare. A lui fregava solo dellafamiglia e della Roma. La sua Roma». E la sua Roma era
un pensiero fisso. Ha la voce affranta il presidente dell’Utr, Fabrizio Grassetti: «Stefano è stato uno dei fondatori dell’Utr. Aveva rilevato il club dalla celebre 'Gabriellona' e da suo fratello Roberto. Ci dava una mano in segreteria e curava il servizio stadio, ma era anche coordinatore dei Roma Club dell’Etruria: Nepi, Monterosi, Big Star, Colle Farnese, Blera e Capranica. L’umiltà era una sua virtù. Pensi che nelle foto della festa degli 80 anni
della Roma non c’è mai una foto che lo ritrae con i giocatori o con i vip». Stefano era solito dire ai suoi figli: «Se me deve pija ’n colpo, che me venga allo stadio». In fondo, per un romanista è questo il modo più dolce per accomiatarsi dalla propria gente.