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Il Comitato diritti umani dell’Onu contro il 41 bis

 

FONTE:il dubbio

 

Tra le criticità che il Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite ha voluto esaminare nel suo ultimo rapporto sull’Italia c’è anche quella relativa al regime del 41- bis.
Il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, insieme a Nessuno tocchi Caino, avevano trasmesso un documento sulle violazioni di varie norme del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che questo regime comporta. Una posizione diversa da quella esposta dal Governo italiano che aveva comunicato di non ravvisare alcuna criticità. Il Comitato Diritti Umani, nel documento alla fine adottato, la preoccupazione per come funziona il 41- bis l’ha espressa a partire dal fatto che si tratta di uno speciale regime di detenzione per un periodo di quattro anni, prorogabile per altri due anni. In particolare ha puntato il dito contro le ricorrenti estensioni automatiche di questo regime, i frequenti rigetti dei ricorsi, insomma, contro la mancanza di controllo giurisdizionale dei decreti che impongono o estendono questa forma di detenzione oltre che sulle severe restrizioni in termini di socialità con altri detenuti che questo regime comporta.
Il Comitato Diritti Umani dell’Onu ha quindi mosso delle osservazioni allo Stato italiano affinché garantisca che questo regime speciale sia in linea con il Patto, anche attraverso una più celere revisione dei decreti oltre che attraverso misure che migliorino le condizioni di detenzione per coloro che sono sottoposti a questo regime, tra cui una maggior socialità tra i detenuti stessi.
Risuona in questa presa di posizione quello che un altro prestigioso organismo internazionale, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e i trattamenti o le punizioni inumane o degradanti, ha riscontrato prendendo in esame, nel corso delle sue visite in Italia, il 41- bis e arrivando ad affermare quanto sia “evidente che per un considerevole numero dei detenuti in 41- bis – se non per la quasi totalità di essi – l’applicazione di tale regime di detenzione è stato rinnovato automaticamente; di conseguenza, i detenuti in questione sono stati per anni sottoposti ad un regime carcerario caratterizzato da un accumulo di restrizioni, in una situazione che potrebbe equivalere ad una negazione del concetto stesso di trattamento penitenziario, fattore essenziale per la riabilitazione. Inoltre, ricorsi presentati contro le decisioni di rinnovo sono stati, con poche eccezioni, respinti… Semmai, il Cpt va anche oltre, arrivando a ravvisare come nell’“utilizzo del regime di detenzione ex 41- bis come mezzo di pressione psicologica sui prigionieri perché cooperino con la giustizia” vi sarebbe una pratica altamente discutibile sotto il profilo dell’articolo 27 della Costituzione italiana oltre che degli strumenti internazionali sui diritti umani di cui l’Italia è parte.
Come Partito Radicale ci sentiamo meno soli e continuiamo a perseguire la via dei ricorsi alle giurisdizioni, interne ed internazionali, oltre che agli organismi politici sovranazionali, consapevoli del fatto che il regime del 41- bis e il sistema dell’ergastolo ostativo sono forme detentive e penali figlie della Ragion di Stato e della logica emergenzialista che nulla hanno a che fare con lo Stato di Diritto che vogliamo si affermi ovunque, a partire dai luoghi più bui in cui una persona può ritrovarsi privata della libertà.

 

Sergio D’Elia e Maria Brucale – Nessuno tocchi Caino