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Torino: Neonato di un mese in carcere

 

FONTE:il manifesto

 

L’Sos lanciato dalle detenute: “Nordio intervenga”

 

Nel padiglione femminile del carcere «Lorusso e Cotugno» di Torino, dove da nove anni è situato l’Istituto a custodia attenuata per madri, sono abituate a vedere reclusi anche bimbi piccoli, purtroppo. Ma un neonato di un mese è una visione che non si può sopportare. Le detenute hanno perciò lanciato, con una lettera, una richiesta di aiuto raccolta dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Marco Grimaldi che ieri si è recato nella casa circondariale torinese insieme alla consigliera comunale di Sinistra Ecologista Sara Diena a verificare la condizione della «giovane madre terrorizzata» entrata in carcere giovedì scorso con il suo «Aslan, bimbo di appena un mese». All’uscita dall’istituto, Grimaldi lancia un appello accorato al ministro di Giustizia Carlo Nordio «affinché intervenga subito», perché «è una situazione inaccettabile che va sanata immediatamente».

Spiega il deputato che teoricamente il neonato dovrebbe restare in carcere fino al pronunciamento del magistrato, ma «questa giovane donna è spaventata e il bambino ha bisogno di cure e di assistenza. Non può restare in un posto del genere a lungo. Nordio deve intervenire al più presto».

Purtroppo sono ancora venti, secondo i dati ministeriali aggiornati al 31 dicembre 2023, i bimbi in carcere con le loro madri: 9 italiane e 11 straniere. E fortunatamente si tratta di un minimo storico perché, secondo il rapporto di Antigone, ci sono stati anni come il 2000 in cui dietro le sbarre si trovavano addirittura 78 minori di 3 anni. Eppure la proposta di legge dem che prevedeva la collocazione delle detenute madri con figli piccoli al seguito in case famiglia anziché in carcere è stata boicottata dal centrodestra in Commissione giustizia alla Camera fino al punto di costringere le opposizioni a ritirarla. La destra, ricorda Grimaldi, «invece di votarla, all’ultimo momento presentò degli emendamenti decisamente peggiorativi del testo come ad esempio quello che prevedeva la perdita della patria potestà in caso di recidiva».

Immediata la reazione anche del Pd, con la responsabile giustizia del partito che ne chiede conto al Guardasigilli: «Se il ministro Nordio conferma la notizia, spieghi anche come sia potuto accadere», incalza Debora Serracchiani che punta il dito contro il sistema carcerocentrico alimentato dalle «illiberali e indegne norme del cosiddetto pacchetto sicurezza, volute dal ministro e dalla presidente del consiglio, che tuttavia non sono ancora in vigore».

 



 

Eleonora Martini