NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

26 MARZO 2000

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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SPEZIALELIBERO

DAVIDE LIBERO











La guerra ai poveri comincia da casa

 

FONTE:Global Project

 

Dall’esplosione di Castel d’Azzano al suicidio di Sesto San Giovanni: il diritto all’abitare è la vera emergenza sociale in Italia.

 

Quanto è accaduto in provincia di Verona, nella notte tra lunedì 13 e martedì 14 ottobre, ha comprensibilmente guadagnato ampio spazio sulla stampa nazionale. Eppure, la narrazione più diffusa continua a confondere un sintomo – la gravità del quale sta nei fatti – con un miasma ben più diffuso, su cui il discorso pubblico non ha ancora raggiunto la chiarezza di cui ci sarebbe bisogno. È il problema dell’abitare, del diritto alla casa e alla città: del diritto, cioè, a una esistenza piena e dignitosa.

La descrizione cruda del fatto può essere lineare. Un’operazione di polizia è rapidamente degenerata in ciò che – stando a quanto si ricostruisce a mezzo stampa – la procura di Verona inquadra come una strage. Luogo della vicenda un casolare nei pressi di Castel d’Azzano, in cui tre persone conducevano una vita descritta come “ritirata” o “da Medioevo”. L’assenza di elettricità e di riscaldamento, il quasi totale isolamento in un’azienda agricola pignorata, una situazione debitoria cresciuta nell’arco di un decennio sino a diventare ingestibile, dovrebbero piuttosto restituire il quadro di una vita marginalizzata, segnata dall’insicurezza sociale e dall’abbandono.

Nelle prime ore del 13 ottobre, l’istanza di pignoramento presentata da un istituto bancario avrebbe dovuto tradursi in uno sgombero. L’intenzione dichiarata di fare esplodere il casolare, per respingere la sottrazione dell’ultimo spazio di vita, ha questa volta avuto corso: dei molti agenti che prendevano parte all’operazione – accelerata, a quanto sembra, anche dall’avvistamento via drone di ordigni sul tetto del casolare –, diversi sono rimasti feriti. Tre di essi sono morti.

Anche tenendo conto delle capillari ricostruzioni di una storia di incidenti, indebitamenti e di una vita che scende lentamente verso la mancanza di senso, non siamo dinnanzi a una tragedia familiare. È piuttosto una storia che va letta insieme a quanto accaduto a Sesto San Giovanni (MI) nella mattina di mercoledì 18 ottobre: un uomo di 71 anni ha risposto alla minaccia di uno sfratto togliendosi la vita. È il sintomo di un male strutturale, in un paese in cui la povertà assoluta si diffonde a spron battuto. Quando si descrive questa esplosione paragonandola agli esiti dell’operazione Antica Bablionia – Nassirya, 12 novembre 2003 –viene il sospetto che qui si celi un briciolo di verità: assistiamo a una massiccia campagna di aggressione interna, che prevede la cattura simbolica e materiale degli spazi dell’abitare e della riproduzione sociale della vita.

Confortate da una legislazione massicciamente antisociale, anche oggi le destre di governo ricorrono alle risorse classicamente destinate al contrasto delle soggettività marginalizzate: le forze armate acquartierate nelle caserme, sistematicamente accompagnate dall’azione degli apparati ideologici di stato. Mentre aumenta la presenza di militari e agenti di polizia nelle nostre città, il capitale chiede guerra sul fronte esterno e su quello interno. Come giustificare la corsa al riarmo, l’autoritarismo e la repressione delle posizioni di dissenso e di quelle più fragili?

In assenza di uno Julius Evola che offra allo spirito italico una metafisica della guerra, si ricorre ad una retorica più spicciola e spietata: quella della minaccia interna. Se le condizioni di vita generali peggiorano – tra salari al ribasso e deindustrializzazione, disastri ambientali e povertà –, la colpa è di chi fallisce nella scommessa della vita: un dispositivo ideologico a cui il liberalismo (vecchio e nuovo) è molto affezionato, e che l’internazionale nera utilizza volentieri. Una copertura ideologica di poco valore, se non si trasformasse sistematicamente nel tappeto rosso che unisce la mentalità liberale al fascismo, in questo ventennio come nell’altro.

 

Emanuele Lepore